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Come si cattura l'attenzione di chi ascolta? Come si trasmettono le emozioni attraverso le parole rivolte a un pubblico dal vivo o a distanza? E anche: come si gestisce l’ansia da palcoscenico?
A queste e altre domande dà risposta in questo libro l’autore Claudio Maffei, docente e consulente di comunicazione per aziende ed enti pubblici. Autore di diversi libri sulla comunicazione best e long seller.
Leggendo questo pratico manuale scoprirai tutto sul parlare in pubblico: tra il cosa dire e come dirlo, tra linguaggio verbale e para-verbale. Scoprirai come deve essere e - soprattutto - come si diventa un bravo oratore.
L'autore ti svelerà in modo chiaro tutti i segreti e le dritte per entrare in sintonia con il tuo pubblico.
Indice del libro "Lo so che lo sai, ma lo fai?" di Claudio Maffei
Dedica
L'autore
Mi presento
Introduzione
La magia della parola
L’arte oratoria
Come gestire l’ansia da palcoscenico
Imparare a parlare in pubblico
Ascoltare e coinvolgere
Strumenti e trappole
Come entrare in sintonia con il pubblico
La preparazione
Voglia di decalogo
La struttura del discorso
La scelta del linguaggio
Il potere evocativo delle parole
La preparazione del discorso
Comunicazione non verbale e paraverbale
Comunicare a distanza
Le doti del bravo oratore
E per finire
Grazie
Bibliografia
"Un libro illuminante per chiunque voglia migliorare le proprie capacità oratorie. Gli esercizi pratici sono veramente utili!" – Marco B.
★ ★ ★ ★ ★
"Finalmente un manuale che rende semplice l'arte del parlare in pubblico. Consigli utili e facili da applicare." – Sara R.
★ ★ ★ ★ ★
"La chiarezza con cui vengono spiegati i concetti rende questo libro perfetto per tutti, anche per chi ha poca esperienza." – Luigi D.
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"Ho trovato spunti davvero interessanti per migliorare la mia sicurezza durante le presentazioni." – Elena F.
★ ★ ★ ★ ★
Claudio Maffei è professore, consulente, scrittore, giornalista, formatore. Si occupa da sempre di
comunicazione. Dialoga quotidianamente con aziende ed enti pubblici per migliorare la loro competitività sul
mercato e rendere più piacevole il clima interno. Le sue aree di competenza sono la comunicazione, la
formazione, la motivazione, lo sviluppo delle risorse umane, il personal branding e nuovi trend. […]
Poi l’incontro con un grande personaggio, Giovanni Spadolini, allora direttore del Corriere della Sera, per tentare la carriera di giornalista. Fu lui che m’indicò la strada: «Hai fatto l’attore… potresti insegnare a parlare in pubblico… qui, in Italia, ce n’è tanto bisogno. In America si studia la retorica, si fanno esami all’università, qui ancora ognuno si improvvisa: …i politici …gli imprenditori… Vedrai, insegnare a parlare in pubblico a queste persone diventerà una professione anche qui da noi». […]
Avevo sempre in mente le parole di Giovanni Spadolini. Ho così deciso di andare a vedere chi queste tecniche le aveva inventate. E allora via, con quelle quattro parole di inglese imparate a scuola, a seguire i corsi di Paul Watzlawick, Tom Peters, Deepak Chopra, John Grinder, Richard Bandler, Robert Dilts, Anthony Robbins, Paul McKenna, Kenneth Blanchard. Ma non dimentico due miei grandi maestri italiani, così diversi, ma così utili alla mia formazione: Silvio Ceccato, artista prestato alla cibernetica, e Mario Silvano, un vero mago della formazione nel settore commerciale.
Oggi, faccio i conti un po’ a spanne e posso dire di aver avuto circa duecentocinquantamila allievi, alcuni dei quali, a loro volta, sono diventati ottimi docenti. Su e giù per l’Italia, con la stessa passione di quando, poco più che adolescente, facevo i primi spettacoli, ogni giorno mi ritrovo in un’aula con un unico scopo: migliorare le relazioni di chi mi sta di fronte, convinto come sono che, chi ha buone relazioni con gli altri, vive meglio ed è felice.
Qualche tempo fa ricevetti una telefonata. Era una giornalista che lavorava per una testata specializzata in
comunicazione. Mi disse che il suo direttore le aveva ordinato di scrivere un articolo ampio e approfondito sul
public speaking.
[…] 1. Parla in piedi: la respirazione diaframmatica sarà molto più efficace se stai in piedi. 2. Parla a braccio: è severamente proibito leggere, pena il totale distacco dalla platea e la noia mortale. 3. Sorridi: sii cortese senza essere ossequioso. Non dimenticare mai che l’oratore è un leader. 4. Usa parole semplici e concrete, frasi brevi. 5. Fai esempi, racconta aneddoti, usa metafore. 6. Mantieni il contatto visivo: impegnati a guardare negli occhi, per qualche secondo, tutti i presenti, o tutti i settori di una sala, quando questa è molto ampia. 7. Non abusare degli audiovisivi: la mia regola per un discorso di venti minuti/mezz’ora è ferrea: 5 slide, 5 parole per slide. 8. Varia il tono della voce. 9. Bilancia il peso, non restare impalato: quando mi chiedono come desidero sia sistemata l’aula, io rispondo: «A bistrot», cioè come nei caffè parigini, con tavolini tondi da tre. In questo modo, avrò la possibilità di passeggiare fra le persone senza barriere o intralci. 10. Sii breve e rispetta il tempo concesso.
Il problema non è solo l’accantonamento della nostra splendida lingua. Molto più spesso di quanto non si creda
certi vocaboli, termini, modi di dire tagliano fuori dalla semplice comprensione un pubblico molto ampio. Le
duecento schede sono ragionate, risalgono all’origine dell’approdo del termine all’italiano e propongono, con
motivazioni ed esempi, gli omologhi vocaboli italiani.
Tanti piccoli risparmiatori, per esempio, capirebbero meglio se al posto di “bond” apparisse la cara, vecchia e trasparente “obbligazione”. O se invece di “break-even” si usasse il chiaro “punto di pareggio”. Il “downgrading” non è un mistero iniziatico, è semplicemente un “declassamento”. Per non parlare dell’ostico “credit crunch”, sostituibile con un’accessibile “stretta creditizia”. In quanto alla politica, un “endorsement” di un maggiorente di partito verso una candidatura è assai banalmente un “sostegno”, un “appoggio”. Non è tutto più esplicito?
Professore ma perché ho così tanta paura di parlare in pubblico?» Molto spesso i miei studenti mi domandano il
perché di quell’ansia, il perché di quel sentimento che ti blocca e ti fa sudare freddo ma che, allo stesso
tempo, seduce. Parlare in pubblico significa farsi riconoscere, farsi apprezzare e magari diventare famosi. La
persona che sale sul palcoscenico mette in gioco se stessa e il suo futuro. Tutto è legato a quel momento dove
l’attenzione è concentrata su di te, dove, chi guarda e chi ascolta, deve sentirsi attratto dal tuo comportamento e dalle tue parole. Riuscire ad arrivare preparati sul palco senza che le gambe ti abbandonino, è
il risultato di un lavoro su di te complesso e profondo. Saper parlare in pubblico è frutto di uno sforzo della
conoscenza. In quell’attimo si devono trasmettere emozioni e contenuto.
Chi parla, parla al cuore della gente.
Il pubblico si deve sentire trascinato dalla tua mente, tu diventi un maestro d’orchestra, che dirige, appassiona e affascina.
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